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170-La vita oltre la morte

Segni
Aldo   

Aldo scrive:
GESÙ E L’ETERNITÀ

  L’eternità si vive qui e ora, in questa vita che può divenire di grande significato e valore se vissuta nell’amore e nella comunione con gli altri. Il fatto che la vita sia apparentemente interrotta dalla morte non dovrebbe contare molto. Quella vita è finita, ma è stata una vita con occhi, mente e cuore aperti, una vita di valore, di particolare valore proprio perché limitata, perché “non eterna”, una vita comunque regalata. La morte non esiste, lo dice Raimon Panikkar, esiste la morte degli altri. L’eterno è l’infinito vissuto nella mente dell’uomo che si è adeguato a comprenderlo. L’egocentrico vive il senso dell’infinito con il timore e l’ossessione della perdita nel territorio di sé stesso, come una sconfitta.
La vita oltre la morte? Anche in chiesa si parla sempre meno della vita oltre la morte.
È in questa vita che si risorge!


L'ANIMA COME SENSO DI UNITÀ DELLA NOSTRA VITA

  C'era una foglia che, essendo molto miope, non vedeva l'al­bero di cui faceva parte assieme a tutte le altre foglie uguali a lei. La foglia si preoccupava, in prossimità dell'autunno, per il fatto che sarebbe stata portata via dal vento, morta e finita per sempre. Non sapeva la poverina che la primavera successiva altre ne sarebbero rispuntate nuove e belle. La foglia individualista non aveva capito di essere solo una piccolissima parte del grande albero, perfetta nella sua struttura, ma ben sostituibile. Se lo avesse capito, se avesse potuto vedere più lontano, se si fosse sentita parte intima del grande albero, uguale alle sue compagne in una comunione vitale, forse avrebbe temuto meno il momento della sua caduta, si sarebbe sentita integrata al grande essere vivente, felice di realizzarsi nell'albero e non solo in sé stessa. Ciò vale per tutti gli esseri viventi di questo mondo.

Risponde Lunadivetro

  Personalmente credo nell'esistenza dell'anima, e quindi nella vita individuale che prosegue oltre la morte. Ma credo che poche cose siano più dannose all'anima quanto il vivere in uno stato di perenne attesa, sprecando il presente in virtù di una vita futura. È meglio vivere intensamente senza pensare al dopo, che vivere miserabilmente perché tanto ci sarà un dopo.
  A parte questo, non importa essere atei o credenti. Ciò che davvero conta  è il sapere - o sospettare - che ci sia qualcosa di superiore all'uomo. Chiamiamolo Dio, chiamiamolo Natura o Principio Universale o come meglio ci aggrada. Senza questo pensiero l'uomo non avrebbe  freni.  E anche l'ateo conserva un minimo dubbio, magari sepolto nel profondo di sé.
  La coscienza, che lo si sappia o no, è frammento divino. Si può negare, ma non separarsene.
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