347-Prendi pure me
Segni
Saralucente - Roma 

Saralucente scrive:
È la prima volta che ne parlo. Sento fortemente il desiderio di condividere una mia esperienza. Qualche anno prima, dopo aver perso mia madre e subito dopo un'altra persona a me carissima, moriva la mia adorata cagnolina. Quell'evento fu vissuto da me in modo totalmente devastante: in esso ritrovavo l'indicibile dolorosità dei lutti precedenti, ma in più si aggiungeva l'angoscia per aver perso la mia piccolina, la mia sorellina, un'anima bambina che mi aveva inondato d'amore e purezza fino a quel momento. Nei rari momenti di lucidità, rincorsi faticosamente in un lungo periodo trascorso a letto, dove vegetavo e non vivevo, presi una decisione: non avrei mai più avuto un cane o un qualsiasi altro animale come compagno, non avrei mai più corso il rischio di soffrire come stava avvenendo in quel momento.
Il tempo passò, e il mio dolore guarì.
Qualche tempo dopo, nel corso di una bella vacanza nelle Dolomiti, "incappai" (di certo non casualmente) in una nuova conoscenza che risiedeva lì, la quale mi disse: "Ho una gatta che ha partorito, ha fatto dei cuccioli, non so che fine faranno visto che non potrò tenerli.". Quelle parole continuarono a girarmi in testa per tutta la vacanza, no, non potevo lasciare quei piccoli cuccioli alla deriva, dovevo fare qualcosa per loro. Detto, fatto. Contravvenendo alla decisione presa in quel letto insonne e di lacrime, presi una tenera gattina bianca e me la portai a Roma (tra l'altro, convinsi la persona che era in vacanza con me a pendere un altro cucciolo per i suoi genitori): Così ne salvammo due.
Ecco, ora arrivo agli Angeli.
Dopo qualche mese, la mia Luna, vivace, gaia, amorevole, si ammalò di qualcosa che nessun veterinario riusciva a definire. La piccola mangiava e vomitava, beveva e vomitava, era sempre più magra e disidratata. Radiografie, punture e flebo non sortivano alcun effetto. Una mattina la trovai quasi inerte, non si muoveva più. La presi di corsa e la portai al mio veterinario, che si limitò a farle una siringa enorme di fisiologica per reidratarla. In lacrime la portai a casa, sembrava non esserci più nulla da fare. Faceva freddo quel giorno, e quel piccolo batuffolo bianco, sfinito e pieno di bozzi per le continue punture, si accucciò sotto al termosifone del corridoio. A quel punto, io vedendola così sofferente, provai un dolore lancinante, caddi in ginocchio accanto a lei, e piangendo le lacrime più strazianti di tutta la mia vita, pregai con il mio cuore aperto di non farla più soffrire, dissi: "Signore, prendi pure me, se vuoi, ma non farla più soffrire". In quel momento (lo ricordo con immensa emozione) scese su di me una pace indescrivibile, sentii una gioia immensa aprirsi nel mio petto, ed avvertii una presenza dolce e consolatoria, in alto, alla mia sinistra. Le lacrime cessarono immediatamente, ero inebriata da quella sensazione di vicinanza e amore.
Un secondo dopo, e dico un secondo, Luna andò a mangiare i suoi adorati croccantini, e corse per il corridoio per giocare come me, come facevamo sempre.
Io so che un Angelo è venuto a trovarmi quel giorno.
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Risponde Lunadivetro
La dimostrazione che quando si crede con determinazione e piena fiducia in qualcosa di più alto, di superiore, i miracoli avvengono... se miracoli vogliamo chiamarli. E (questo per gli schizzinosi) che differenza c'è nel pregare per un essere umano o per un'altra creatura?