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I binari paralleli della politica

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I BINARI PARALLELI DELLA POLITICA

La politica divergente

  «Fai ciò dico, non ciò che faccio». È la frase preferita di molti predicatori. Fino a qualche tempo fa si pronunciava apertamente, senza temere contestazioni; oggi invece si preferisce lasciare il concetto sottinteso. E se prima si sentiva solo dai pulpiti, ora definisce il modo di agire di chi si muove soprattutto in campo politico: si pretende di indicare (o di imporre) agli altri come comportarsi, ma ci si guarda bene dall’applicare i medesimi consigli, buttando alle ortiche credibilità e coerenza.
  Nessuna sorpresa, quindi, se la nostra epoca è caratterizzata da un senso di rifiuto per la politica. Eppure in passato veniva considerata una delle attività più onorevoli e degne di rispetto. Come abbiamo fatto a lasciare che si corrodesse fino a questo punto? Come siamo arrivati a questo tacito accordo con i nostri amministratori, con cui li abbiamo autorizzati a confondere il servizio con il privilegio, la volontà di fare con il potere di distruggere?

Amministrare anzitutto la città interiore

  La politica è l’arte di governare la polis, cioè la città o lo Stato.
  La parola “stato” può assumere diversi significati. Designa infatti sia un’entità giuridica sia la condizione in cui si è, il modo in cui ci si sente: il proprio stato, appunto. È indagando questa doppia valenza che troviamo risposta alle domande precedenti.
la polis greca
  Secondo alcune interpretazioni, le innumerevoli battaglie raccontate dall’Antico Testamento non sarebbero altro che la descrizione delle lotte che, quotidianamente, avvengono dentro l’uomo. I vari popoli citati, che si massacrano a vicenda per allargare o difendere i confini dei propri territori, sarebbero in realtà i nostri difetti e miserie che combattono per farsi largo e tiranneggiarci. Per questa scuola di pensiero, gli antichi testi sacri non parlano di storia ma di psicologia. Non descrivono le guerre fratricide che devastavano il Medioriente qualche migliaio di anni fa, ma si sviluppano oggi dentro la psiche umana.
  Questa interpretazione, senza nulla togliere ad altri modi di intendere la Bibbia, ci offre una potente chiave di lettura di noi stessi.
  Il vero senso della politica si è perso perché abbiamo dimenticato l’importanza di amministrare anzitutto la nostra città interiore, il nostro Stato principale, il luogo primario della nostra esistenza. È là dentro, molto più che altrove, che si ha bisogno di un buon governo. Un governo che faccia attenzione alle esigenze di ogni singolo abitante, cioè di ogni cellula, di ogni pulsione, di ogni componente.

Ciascun uomo è un regno

  Il regno personale è composto da una moltitudine di sudditi, ciascuno con le sue peculiarità. Se lasciati a se stessi, senza guida e senza cura, precipitare nel caos è un attimo. Nemmeno si può pensare di affidare il controllo di questo regno a qualcun altro, perché chi mette la propria vita in mani estranee perde se stesso.
  Eppure è ciò che siamo tentati di fare continuamente, senza nemmeno accorgercene. Accade quando consentiamo che siano altri a pensare al nostro posto, a scegliere per noi, a decretare il nostro futuro. Accade quando permettiamo ad un familiare di decidere per il nostro bene, quando ci facciamo condizionare dalla programmazione sociale, quando lasciamo che la cultura o le mode vigenti stabiliscano addirittura cosa dobbiamo desiderare.

L'inquinamento dei nostri pensieri

  Perché ci disinteressiamo delle nostre polis?
  Forse è più semplice lasciare che se ne curi qualcun altro. Sembra meno faticoso: almeno in apparenza richiede un minor impegno. A volte ciò che accade all’esterno ci affanna e ci distrae al punto che non siamo più capaci di ascoltare ciò che avviene dentro di noi. Quando poi la popolazione interiore grida così forte da non poter più essere ignorata, ci mettiamo nelle mani di un medico e speriamo che ci riporti quanto prima nella condizione di partenza. Per quanto riguarda le vicende del luogo che abitiamo, invece, basta affidarsi al leader del momento e il gioco è fatto: si occuperà di tutto lui. Noi siamo troppo presi dalle piccolezze quotidiane, per avere il tempo e la voglia di guardar fuori dalla finestra.
  Ma, inevitabilmente, l’atteggiamento con cui affrontiamo la vita politica interiore si riflette all’esterno. Il mondo che ci creiamo fuori, l’ambiente in cui ci ritroviamo e che contribuiamo a costruire, non è altro che il riverbero del nostro ambiente mentale e psichico. Il pianeta terra è inquinato quanto lo sono i pensieri che partoriamo. Le acque che vi scorrono sono spesso torbide quanto i nostri sentimenti. L’aria è poco trasparente quanto le nostre emozioni.

Il benessere va su binari paralleli

  La maggior parte di noi è dell’opinione che per vivere bene sia sufficiente coltivare il proprio orticello, e non sa che questa convinzione nasconde un’insidia. Perché il proprio orticello non esiste. La verità è che l’orto è di tutti, e i confini sono un’illusione. Ce lo insegnano bene le cellule del corpo che, se si ammalano, disturbano l’intero organismo. Allora altre cellule corrono a dare il loro apporto e a cercare di risanare la parte in difficoltà, sapendo che se ci riusciranno ne beneficerà tutto il sistema. Staranno meglio anch’esse.
  A volte l’egoismo si traveste e prende le sembianze di un ideale, come l’amor di pace. In realtà in questo caso dovremmo parlare piuttosto di quieto vivere. Ma il quieto vivere, con la pace vera, non ha nulla a che vedere. Non vi è pace senza giustizia sociale, e non c’è pace interiore se manca l’interesse verso il prossimo. C’è di più: l’indifferenza alle sorti altrui determinerà inevitabilmente la chiusura anche nei propri confronti. Se il bene è uno, perdendo di vista quello collettivo si diventa man mano incapaci di realizzare anche il proprio. Come se le due cose scorressero su un binario parallelo, l’occuparsi delle proprie esigenze (quelle reali, non quelle indotte) va di pari passo con l’attenzione al benessere comune.
  Funziona anche al contrario: il trascurare sistematicamente le proprie necessità per provvedere solo a quelle di qualcun altro si rivelerà, alla fine, deleterio per entrambi. Non si può essere ingiusti verso se stessi e pensare di applicare la giustizia con gli altri.

La vera politica sostiene la realizzazione individuale

 Quando scopriamo ciò di cui noi per primi abbiamo bisogno, guardiamo anche il prossimo con occhi diversi. E possiamo piantare negli altri lo stesso seme, la medesima urgenza di gestire al meglio la città interiore e contribuire al benessere di quella esteriore. Quando questo seme comincerà a germogliare, più nessuno potrà permettersi di dire «Fai ciò che dico, non ciò che faccio». È allora che la politica somiglierà a ciò che si intendeva nell’antica Grecia, per la quale le leggi della città dovevano riflettere necessariamente le Leggi universali.
  Prendersi cura della polis significa sostenere la realizzazione dell’individuo, perché questo è l’unico modo per far evolvere armonicamente una società. Significa riconoscere a ogni persona il suo valore e, prima ancora, metterla in condizione di intuire quanto fertile sia il suo terreno interiore, se si prende la briga di coltivarlo. Questa è la conoscenza più importante che si possa offrire all’essere umano. Chi si sente valorizzato tende a dare il meglio di sé e a ricreare, a sua volta, un ambiente favorevole alla crescita altrui. È così che si propagano la giustizia e la pace. Questo è davvero “fare politica”.
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