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Il diktat del pensiero positivo

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IL DIKTAT DEL PENSIERO POSITIVO

Pensa positivo e non giudicare... ma anche no

  Eccolo qua il pensiero positivo, tanto di moda ultimamente, soprattutto in certi ambienti. Di solito va a braccetto con l’altrettanto celebre non giudizio. Due atteggiamenti che nascono da ottime intenzioni, ma… quali trappole nascondono?
  Tralasciamo il fatto che parlare di qualcosa non significa affatto metterla in pratica. Troppo spesso, ad esempio, ammoniamo gli altri a non giudicare il nostro operato ma, quando si invertono le parti, ci riteniamo giustificati a farlo. Ad ogni modo, sul non giudizio ci soffermeremo in un capitolo successivo. Qui ci occuperemo invece della pretesa di pensare positivo a tutti i costi e dinanzi a qualunque evenienza.
  Da dove nasce questo nuovo diktat, in base al quale alcuni presumono di distinguere le persone evolute dal resto del popolo?
  L’idea si fonda sulla convinzione che la realtà personale sia lo specchio esatto di ciò che ci passa per la mente. Perciò, se si pensa positivo accadranno cose positive; se si pensa in negativo si attrarranno cose ed eventi poco piacevoli. Sarà vero? E fino a che punto?

Un vestitino cucito addosso a una realtà diversa

 Possiamo obiettare anzitutto che non è solo la mente a creare la realtà. Il modo di pensare vi contribuisce, certo, ma deve fare i conti con tutto il resto. Non è la mente, infatti, a dominare il nostro modo di essere, di muoverci, di sentire; in poche parole a determinare la nostra “vibrazione di fondo”, quella che dovrebbe metterci in contatto con un tipo di realtà piuttosto che un altro. Sappiamo che diverse componenti dettano legge dentro di noi, o cercano di farlo. Il pensiero positivo, essendo appunto un pensiero, ha a che fare soltanto con il piano mentale. Ma l’inconscio cosa dice? Il cuore cosa attrae? E l’anima cosa vuole?
  Ma non solo. Un pensiero positivo non può contrastarne mille altri di natura opposta. Non possiamo costringere la mente ad andare in una direzione, se poi idee diverse ci strattonano dall’altra parte. Possiamo solo fingere di farlo. Possiamo far finta di manifestare gioia e sicurezza di fronte a ciò che ci capita, ma un’occhiata sincera dentro di noi basterebbe a riconoscerci abbacchiati e delusi. Però non lo ammettiamo, perché dobbiamo pensare positivo!

Nemmeno il pessimismo però

  Certo un atteggiamento pessimistico non ci spiana la strada, tutt’altro... Non c’è niente di peggio che permettere ai pensieri negativi di spadroneggiare. Lo sappiamo che focalizzarsi su qualcosa la rinforza, o aumenta la possibilità che si manifesti: è naturale che si creino dei collegamenti con ciò su cui mettiamo l’attenzione. Ma la negazione della realtà non sarà più utile. Spesso il pensiero positivo è solo un velo pietoso che stendiamo per nascondere una bolla di pensieri ed emozioni negative. Un vestitino candido che cuciamo addosso al nostro mondo interiore, che grida ben altre verità.
  Negare il proprio sentire non è una mossa intelligente: equivale a sospingere tutto nell’inconscio, lasciando che si depositi e stratifichi nelle nostre profondità mentre ci sforziamo di tenere pulita la superficie. Ma tutto ciò che è represso prima o poi tornerà a galla, magari in altre forme, più forte che mai; e nel frattempo continuerà a disturbarci sottilmente. L’ipocrisia non dà mai buoni frutti.
  Esiste dunque un atteggiamento davvero costruttivo con cui porsi di fronte agli eventi?
  Sì, esiste. E possiamo metterlo in atto quando cominciamo a cogliere la sottile differenza che passa tra il pensiero positivo e il giusto pensiero. Disconoscere ciò che è significa mentire spudoratamente a se stessi; il giusto pensiero, invece, si sforza di guardare le cose da altri punti di vista. È un impegno a vedere la realtà con gli occhi dell’anima.

La causa nel futuro

  Facciamo un esempio. Quando ci accade qualcosa di cui avremmo volentieri fatto a meno, generalmente ci definiamo sfortunati. Se gli eventi spiacevoli persistono, arriviamo a dire che la sorte ci si è accanita contro, sentendoci un bersaglio scelto - forse a caso - da una vita che si fa beffe di noi. Ignoriamo il fatto che potrebbero esservi delle cause remote, dei motivi che vanno ben oltre ciò che abbiamo sotto gli occhi in quel momento. È possibile che abbiamo attirato in qualche modo quell’evento, senza nemmeno rendercene conto, o che ne abbiamo preparato la manifestazione anche in tempi lontani. Oppure la vita ci sta facendo un regalo (mal incartato), costringendoci a riflettere su qualcosa che va risolto per poter proseguire sulla nostra strada. Meditare su queste evenienze potrebbe cambiare le nostre emozioni; potrebbe placare la rabbia, rasserenarci, evitarci di cadere nella depressione. Perché raramente la realtà è come appare.
  Potremmo fare anche un’altra considerazione: e se quanto successo fosse causato da un’azione futura? Se fosse cioè funzionale a qualcosa che dovrà verificarsi in seguito? Quante volte, dopo qualche tempo – anche dopo anni – ci siamo accorti che avvenimenti incresciosi si sono poi rivelati delle vere benedizioni, grazie ai quali abbiamo poi realizzato delle cose importanti?

La differenza col giusto pensiero

  Il giusto pensiero lavora anche in altri modi.
  Il pensiero positivo, pure di fronte a una catastrofe, dice a denti stretti: «Tutto va bene, tutto è perfetto, sono contento comunque». Il giusto pensiero invece dice: «Osserva come stanno le cose, valutale. Giudica e distingui quel che davvero va bene e quel che invece è opportuno cambiare. Può darsi che questo evento abbia proprio lo scopo di mostrarti qualcosa di vitale! Se è successo c’è un motivo». Ciò che accade non è perfetto nel senso che le cose debbano restare così come sono, bensì perché succede esattamente ciò che ci serve. Accade quel che può aiutarci a capire che cosa, in noi o al di fuori, richiede un nostro sguardo trasformatore. In questo senso ogni evenienza ha il suo valore, ogni esperienza è importante.
  Quando neghi la realtà, invece, non fai altro che spuntare la famosa spada del discernimento, proprio quella da sguainare di fronte alle difficoltà. In questo senso il pensiero positivo a tutti i costi ha lo stesso effetto dell’invito a non giudicare. Se non giudico, non discerno. Certo, dipende da quel che si intende con questa parola: così come sovente si confonde il giudizio con la critica e il pettegolezzo, allo stesso modo si confonde il pensare positivo con l’intorpidimento mentale.

Affidarsi significa accettare ciò che è

  Prima di uniformarci alle mode correnti proviamo quindi ad approfondire la questione. Impariamo a non seguire mai un suggerimento senza chiederci a cosa porti realmente, quali implicazioni abbia. Se davvero vogliamo usare il pensiero positivo, diamo a questa frase la giusta valenza. Ci può essere un lato benefico in ogni circostanza, ma pensare positivo non corrisponde necessariamente all’esserne consapevoli. Anzi, per come di solito è inteso ottunde addirittura la comprensione, visto che mette subito a tacere ogni legittimo dubbio.
  Coltivare il giusto pensiero corrisponde ad affidarsi a qualcosa di più grande della propria mente, la quale non sempre sa giudicare in modo corretto. Qualcuno direbbe “affidarsi alla Provvidenza”; ma la prima forma di saggezza a cui possiamo rivolgerci ha le sue sorgenti in noi stessi, nella nostra parte più alta.
  Così, “affidarsi” significa accettare ciò che è, anche se può non piacerci, consapevoli che combattendolo (o comunque usando le solite armi) perderemo la battaglia. Perché lottare contro qualcosa ci indebolisce; accoglierlo, guardarlo bene in faccia e decidere che si vuole qualcosa di meglio, ci rende più forti. E quando siamo più forti, e soprattutto quando ci sentiamo in pace col fluire della vita, il meglio arriva – in un modo o nell’altro. Ci vuole un po’ di pazienza.
Maria Antonietta Pirrigheddu
20.04.19

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