Coi piedi per terra... e la mente aperta
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COI PIEDI PER TERRA... E LA MENTE APERTA
La testa tra le nuvole
«Ha la testa tra le nuvole», si dice di chi galoppa con la fantasia, di chi vaga un po’ troppo con la mente.
Accade lo stesso a chi sceglie di dedicarsi a temi non convenzionali. Come l’angelologia, per fare un esempio a caso. Di solito una persona così viene percepita come poco radicata nella realtà. E viene invitata a tornare coi piedi per terra.
Ma che cos’è la realtà?
I più ritengono sia l’insieme di tutto ciò che può essere visto, sentito, toccato, odorato. Che sia fatta di pietra, di legno, di carne, di plastica e anche di qualche forma di energia scientificamente osservabile, come la forza di gravità o la corrente elettrica. O il pensiero, se proprio vogliamo spingerci ai limiti.
Eppure questa è solo una parte della realtà, una faccia della medaglia. Paradossalmente, l’altra faccia è proprio quella che permette alla medaglia stessa di esistere. Ciò che mantiene in essere la parte manifesta della vita è quel suo lato che resta per lo più invisibile, o appena intuibile. È lì che si cela ciò che dà uno scopo, che lega le cose tra loro, che dà un senso a tutto. Negarlo significa pensare a metà, comprendere la metà.
Le due parti non possono essere separate. Chi desidera sondare la realtà dovrà dare una sbirciatina anche dietro le tende. E chi vuol dedicarsi allo studio della faccia in ombra non dovrà perdere di vista quella in luce. La pura teoria, infatti, ha poco valore. Qualunque direzione abbracci, la ricerca spirituale non serve a nulla se non diventa sistema di vita.
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La fede ha bisogno di libertà
La possibilità di addentrarsi nei reami più intangibili può essere allettante. Ma non sempre si considera che, per non smarrirsi, si dovrà restare ben ancorati a terra. Si parte dalla quotidianità, dalle meraviglie che offre la natura, dalla riflessione sulle cose concrete per cercare nessi, rispondenze e assonanze con gli aspetti immateriali dell’esistenza. Senza rifiutare o accettare nulla a priori. Ciò che si scopre servirà per capire meglio l’uomo e il suo modo di essere, richiudendo così il cerchio.
Avremo bisogno di alleati importanti, per andare avanti su questo percorso tutt’altro che lineare: ci faremo accompagnare dalla ragione, dalla capacità di confrontare e valutare, dal buon senso. E non dovremo farci ingannare dall’idea ormai logora che la logica faccia a pugni con la fede. Le leggi universali conoscono una logica diversa.
Certo, se per fede si intende l’accettare a scatola chiusa dogmi e dottrine varie, allora sì, logica e ragione non le sono amiche. Ma in questo caso non si può parlare di fede. La fede vera è libera dai condizionamenti. Se non lo fosse, non potrebbe spaziare in ciò che sta oltre, in ciò che sta al di sopra. Non potrebbe accendere la lampada del discernimento. Quando la fede non è libera si apparenta facilmente col fanatismo, con la superstizione. Oppure rischia di cadere nell’inconcludenza, perché l’entusiasmo che suscita non è genuino. Ciò che ci viene imposto dall’esterno non diventerà mai davvero nostro.
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L'universo è troppo vasto per essere compreso
Eppure il pensiero autonomo non è ben visto dalle religioni costituite. Addirittura viene definito “eresia”. Ma sappiamo qual è il significato di questa parola? Eresia significa semplicemente “scelta”. La scelta di pensare in modo indipendente, senza costrizioni. Nell’impostazione classica della religione, invece, l’uomo è considerato quasi uno scolaretto tenuto ad obbedire alla maestra. Non deve mettere in discussione le lezioni che gli vengono impartite, non deve porre troppe domande, non deve indagare sui temi che competono solo ai teologi. Nel suo piano di studi, al primo posto figura l’interpretazione della parola di Dio data dalla tradizione. Guai ad investigare per conto proprio. Pare che Dio non possa essere raggiunto senza affidarsi a intermediari autorizzati – che siano vivi o morti non fa differenza.
L’innata libertà della mente, la voglia di esplorare, di confrontarsi con ciò che non si conosce, restano ai margini. Come se le facoltà mentali fossero delle nemiche, piuttosto che dei doni divini. Così, ben coperto da questa specie di cappa, l’uomo non cresce. E si convince di non essere in grado di camminare sulle proprie gambe.
Eppure è evidente che nessuno può arrogarsi il possesso della verità, nemmeno se basata su libri sacri o tradizioni: l’universo è troppo vasto per essere compreso, cioè racchiuso. Anche la più grande sapienza presenta falle e zone d’ombra. Ecco perché il sapere cammina insieme all’umiltà.
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L'equilibrio è la chiave
Nemmeno la ragione, però, deve diventare una prigione. Talvolta il pensare deve lasciar spazio al sentire. Ogni tanto l’intelletto farà bene a tacere per lasciar parlare l’altro che è in noi. A mettersi da parte affinché possano affiorare le intuizioni, quelle comprensioni fulminee che giungono da altrove, da realtà più sottili di quelle nelle quali siamo abituati a muoverci.
La razionalità non può pretendere di fare sempre da protagonista. Se rifiuta le immagini che vengono dal cuore e dall’anima diventa arida. Anche l’erudizione, senza ispirazione, serve solo ad alimentare se stessa.
La mente deve aprirsi. E, come sempre, l’equilibrio è la chiave.
Maria Antonietta Pirrigheddu
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